Psicobloc a Mallorca, II parte

11-08-2008

UN'AVVENTURA PER SPIRITI EROICI

DAY 3

Gli americani ci portano al faro di Porto Colom sotto al quale la scogliera si apre in una grande bocca minacciosa.
La giornata è nuvolosa, l'acqua è scura e immobile, oggi non so se me la sento di fliñare.

Ry e Shawn al contrario partono come due locomotive, con tanto di salto dal bordo sommitale, saranno 20-25 metri; Come dicono a Bologna, ci vuole della buccia.
Tardo pomeriggio, andiamo a vedere la Cova del Diable a Portocristo (Quella di Two Smoking Barrels nel video di Loskot).
Degli scandinavi hanno montato delle corde per fare delle riprese, altri climber hanno una barca ormeggiata al largo, il rumore profondo nel mare rimbomba nella grotta sotto di noi. La strizza mi fa venire freddo.
Non so come mi faccio convincere da Ry a scendere con lui per il destrepe; -Solo un giro, per vedere la Cova da sotto- mi dice -C'è una via facile per risalire?- chiedo mentre mi affaccio sul ciglio -Uhm, you need to squeeze your muscles- (c'è da strizzare i muscoli).

Un traverso a mezz'aria lungo la discesa ci porta a un balconcino sospeso a 7-8 metri dall'acqua. Sotto di noi una scaletta di corde per riguadagnare la posizione, sopra di noi una pancia strapiombante lascia intravedere le prime prese generose di Afroman (7b/15), poi chissà.
Ry parte descrivendomi i passaggi, ma dopo poche bracciate scompare fuori dal campo visivo.
Sono rimasto solo su questo maledetto balconcino.
Col cuore in gola afferro un enorme rovescio, respiro e stacco i piedi dal terrazzo; mi ritrovo a volteggiare nel vuoto e comincio a seguire le grosse bocche di calcare magnifico. Un allungo, oh no, ecco la tacca svasa di cui parlava Ry, disperato provo ad accoppiare. Se qualcuno mi sta incitando il vento ne porta lontano le voci, sono solooooo, non ce la facciooo, uaaahhhhhh....

Splaaaash.

Riemergo dall'acqua contentissimo.
Sul ciglio della scogliera ci sono i ragazzi che mi salutano, chi cade merita sempre un plauso.
Ora possiamo andare a cena.

ALCUNE CONSIDERAZIONI

  • Cos'è questa roba? Boulder? Arrampicata sportiva?? Alpinismo??? Un po' di tutto, lo giuro. Le vie sono intense, il grado compresso in 3-4 movimenti di blocco da eseguire in uno stato mentale difficile da controllare. I gradi sono assegnati con una scala volutamente grossolana, 6b, 7a, 7c (probabilmente avrebbe senso anche solo parlare di 6°, 7° e 8°), perchè poi c'è l'altro numeretto a fianco da tenere in considerazione, l'altezza del crux. Insomma un 7b/10 in una baia protetta e un 6c/20 maligno con il mare aperto alle spalle se la giocano.
  • Proprio questo fattore, il contesto ambientale e l'impegno globale che una zona richiede, è distrattamente omesso nella guida di Miquel Riera. Alcuni settori sono dei piccoli luna-park (Cala Varqués), altri richiedono nervi freddi anche solo per arrivare all'acqua (Portocristo).
    Trasporto del magnesio, risalita dall'acqua, destrepes, vie di fuga alternative, insomma, lo psicobloc porta con se una componente d'avventura a tratti più simile all'esperienza alpinistica che al gesto sportivo.
  • Scalare con amici aiuta a diradare le paure, le loro urla sono kerosene per i tuoi bicipiti.
  • Scordatevi il relax di un pomeriggio nella falesia di casa. Lo psicobloc è brivido; che magicamente si trasforma sia in caso di successo che di salto nel vuoto.
  • La preparazione scientifica e l'attesa delle condizioni ottimali tipiche dell'arrampicata sportiva non esistono.
  • Le scarpette sono quasi sempre bagnate, il magnesio è poco (se ti passi istintivamente la mano sui pantaloncini bagnati con la vana idea di asciugare il sudore ti sei condannato), le prese specie vicino all'acqua, sono umide, a volte fradice. L'eleganza del gesto viene sostituita da un efficace, rabbioso tentativo di rimanere per aria.
  • Non c'è modo di provare o montare una via; niente resting, niente spazzolino, spingi sul pedale finché ne hai, ogni tentativo nella logica del gioco è semplicemente a muerte.
  • I lunghi secondi della caduta sorprendentemente ti lasciano il tempo di assumere la caratteristica posizione a siluro. Le braccia lungo i fianchi per evitare lo schiaffo ascellare, le caviglie unite per salvaguardare lo zebedeo. La pressione dell'impatto pompa acqua nelle condotte nasali. Un misto di yoga e ingegneria idraulica per liberarle.

DAY 4

Uno sguardo e una nuotata all'arco naturale di Es Pontas (sotto al quale corre Es Pontas, 9a?/20 di Chris Sharma), poi l'ultimo saluto a Cala Varqués.
E' il quarto giorno e i passaggi sono inaspettatamente più asciutti; anche Franza toglie il freno a mano e si lancia in un paio di potenti fliñadas.

Un saluto e un abbraccio agli americani e, con le scarpette bagnate nello zaino lasciamo la sabbia bianca e l'acqua turchese di quest'isola meravigliosa.
Giornate adrenaliniche, una carico di emozioni inattese, paure ancestrali, euforie viscerali.
Una sfida temeraria quanto infantile, un'avventura per spiriti eroici, in bermuda.

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Comments

  • WoW, splendido!

    21-07-2008

  • Che figo!!!!!!

    21-07-2008

  • Esperienza PRIMORDIALE direi!!! Ti invidio molto Lorenzo ! :-))

    21-07-2008

  • Grande Fusty racconto e immagini che mi hanno fatto immaginare di essere là !!!!!!

    28-07-2008

  • Gran bel report, complimenti!!!!!

    03-03-2009